breve storia della nostra bella Umbria itinerari e storia

Umbria: una breve Storia (prima parte)

Scopri con noi l’affascinate storia dell’Umbria

NOTA INTRODUTTIVA A UNA BREVE STORIA DELL’UMBRIA

La conoscenza di una Regione – dei suoi caratteri sociali ed economici, della sua cultura civile e religiosa, della sua gastronomia e del suo artigianato, della struttura urbanistica e della toponomastica delle sue città, delle sue feste e delle sue sagre, del suo paesaggio rurale e, particolarmente importante per noi, del suo patrimonio artistico – non è possibile senza ripercorrere le tappe e i momenti più significativi della sua storia. Ciò vale in modo particolare per l’Umbria. Infatti, per avere una efficace comprensione della sua storia occorre utilizzare un paio di chiavi interpretative, senza le quali si rischierebbe di “smarrirsi” nel percorrere le complesse, e spesso disarticolate, vicende politiche che hanno riguardato quell’area geografica e amministrativa, dai confini oggi ben definiti, che noi chiamiamo Umbria. È il risultato che intendiamo conseguire con questa breve ma fondamentale nota introduttiva.

  • Occorre innanzi tutto precisare che, fino alla metà del XIX sec., l’attuale Umbria non ha avuto una storia “unitaria”. Infatti, fin dall’VIII-VII sec. a. C. questo territorio è stato costituito da due  aree, distinte non solo da un punto di vista geografico, ma anche culturale, linguistico, economico e, spesso, politico: una a occidente del Tevere, inizialmente abitata dagli Etruschi e coinvolta più direttamente nelle vicende delle confinanti popolazioni tirreniche, in particolare della Toscana; l’altra a oriente del Tevere, abitata originariamente dagli Umbri, più aperta verso l’Adriatico, ma non tanto da superare completamente un certo isolamento, favorito pure dall’Appennino umbro-marchigiano. Questo dualismo – a parte l’eventuale carattere unificante della sua marginalità politica ed economica e del rapporto città/campagna proprio della imperante mezzadria – ha segnato la storia dell’Umbria e delle sue città, anche nei periodi nei quali l’intero suo territorio è stato sotto un unico potere politico, come durante il dominio di Roma: a occidente Perugia, da protagonista principale, e Orvieto; a oriente, tra le altre, Gubbio, Todi, Assisi, Spello, Foligno e, molto più importante di tutte, Spoleto. Una terza, ma meno significativa area perché più sensibile all’influsso diretto di Roma e del Lazio, è stata la Sabina, a sud-est, oltre il fiume Nera, con le città di Terni, probabilmente fondata verso la metà del VII secolo, e Norcia. La stessa evoluzione, conclusasi nella prima metà del XX secolo, del significato geopolitico attribuito al termine “Umbria” è espressione coerente di questa storia frammentata e disomogenea, che non ha evitato, soprattutto nel periodo comunale, conflitti tra città appartenenti allo stesso ambito. Tutto questo spiega perché ci sia carenza editoriale di Storie complessive dell’Umbria preunitaria, mentre numerose sono quelle relative alle singole città e realtà subregionali.

[Nel corso di questa nostra breve Storia, il termine “Umbria” verrà, inevitabilmente, usato con significati geopolitici diversi e non sempre esplicitamente indicati. Sarà il contesto a indicare senza equivoci il significato corretto].

  • Una seconda chiave interpretativa è data dal fatto che l’Umbria, prima dell’Unità d’Italianon ha avuto una storia “sua”, nel senso dell’autonomia politica, libera da un potere “altro”, esterno alla Regione. D’altronde quante Regioni italiane sono state le sole o le principali protagoniste del proprio destino? Tuttavia, la subalternità non ha significato per le diverse aree e città dell’Umbria accettazione passiva e acquiescente non solo delle decisioni politiche che le venivano imposte, ma anche dello stesso potere venuto da “fuori”, ripetutamente contestato e/o rifiutato con rivolte più o meno violente. È ovvio, come vedremo più oltre, che questo rapporto tra il “noi” e gli “altri” ha avuto nel corso dei secoli un’articolazione differenziata, da area ad area e da città a città, anche in relazione alla politica dei governanti, alle condizioni specifiche delle popolazioni governate e alle particolari caratteristiche dei periodi storici. Nel corso dei secoli e fino all’Unità d’Italia sono emersi, tra i tanti altri, tre protagonisti principali, che hanno segnato profondamente anche la storia dell’Umbria ad essi successiva: i Romani; i Longobardi e la Chiesa. Ma un ruolo di notevole importanza hanno avuto anche le città, in particolare Perugia a occidente e Spoleto a oriente del Tevere.

LA PREISTORIA

Il territorio dell’Umbria è stato sicuramente abitato dall’uomo a partire da epoche remotissime. Lo attestano i ritrovamenti di oggetti, sia pure rozzamente lavorati, del Paleolitico (oltre 10.000 anni a. C.) e altri più raffinati del Neolitico. D’altronde, tutta la regione umbra disponeva già delle condizioni ottimali per gli insediamenti umani: abbondanza di acqua in superficie e una vegetazione molto più ricca e diffusa di quella di oggi.

Le principali località di questi ritrovamenti, che riguardano pietre levigate, si trovano nell’area circostante il lago Trasimeno e in quella di Perugia, mentre nell’Appennino prossimo a Norcia, nella frazione di Abeto, sono state rinvenute discrete quantità di suppellettili. Espressione di capacità e cultura più evolute e, appartenenti al solo Paleolitico, sono gli oggetti ritrovati lungo il corso umbro-laziale del Tevere, costituiti da utensìli in pietra dura di varia foggia e prodotti ornamentali. Di particolare interesse sono i numerosi reperti di una caverna, denominata “le Tane del Diavolo”, presso il Comune di Parrano (a nord di Orvieto, ai margini del fiume Chiani e della strada che collega Orvieto al Trasimeno), in particolare una statuetta di figura di donna, ma anche i primi oggetti in rame, quali pugnali, asce e piatti.

Le Tane del Diavolo di Parrano

Il passaggio all’età del bronzo – durante la quale si è avuto un incremento dei siti abitati sia all’aperto che in grotta, soprattutto nella Conca Velina (prov. di Terni) – è bene rappresentato dai ritrovamenti nelle “grotte di Belverde” nel Comune di Cetona (oggi in prov. di Siena, sulla linea di confine con l’Umbria, ma fino al 1418 conteso tra Siena, Perugia e Orvieto). Si tratta di ripari e cunicoli scavati nel travertino per la deposizione dei morti e per uso abitativo, come attestano i resti ordinati di cenere e carbone, quelli di terra per il mantenimento del fuoco, di cereali, di ossa sia umane che di animali; sono presenti anche asce, oggetti lavorati per fini ornamentali, utensìli vari, ma anche prodotti in ceramica con decorazioni ottenute per incisione nell’argilla ancora tenera.

L’età del ferro, che precede l’avvento degli Etruschi ed è in parte contemporanea alla presenza degli Umbri, offre, ovviamente, reperti in gran quantità e più diffusi su tutto il territorio regionale.  Di particolare importanza quelli rinvenuti nell’ampia necropoli – oltre tremila tombe con relativi arredi funerari – venuta alla luce a Terni in occasione degli scavi per la realizzazione delle acciaierie. Si tratta di suppellettili di varia natura, vasi biconici, spade, oltre a cavalli sepolti, di tradizione celtica. In un’altra necropoli, di Monteleone di Spoleto, con 44 tombe a pozzetto, è stato scoperto il rilievo metallico di un carro da guerra, che sta ad indicare il livello evolutivo raggiunto da quelle popolazioni.

PRIMA DI ROMA

Con la vittoria di Sentino (295 a. C., presso Sassoferrato, AN) il processo di unificazione dell’Italia centrale da parte dei Romani segna una tappa decisiva. Fino ad allora, e dall’VIII-VII secolo, l’Umbria come la intendiamo oggi era stata abitata e governata a occidente del Tevere dagli Etruschi e, ancora prima, a oriente dagli Umbri.

L’Italia preromana

Popolazione, questa, proveniente probabilmente dall’Europa centrale e già presente in altre regioni dell’Italia centrale e settentrionale. Della loro organizzazione sociale e politica non sappiamo molto, anche a causa del loro isolamento, “stretti” com’erano tra il fiume e l’Appennino.

Particolare delle Tavole Eugubine

Tuttavia, grazie alle Tavole Eugubine, scoperte nel 1444 vicino a Scheggia, o secondo altri presso il Teatro romano di Gubbio, abbiamo importanti informazioni, a partire da quelle sulla loro lingua. Si tratta di sette lastre di bronzo, quattro delle quali, e una per metà, sarebbero state incise nel II sec. a. C. in alfabeto umbro; le altre, posteriori di qualche secolo, sono in caratteri latini, ma fanno riferimento a un testo più antico. Il loro contenuto è essenzialmente religioso e riguarda le prescrizioni da osservare, i culti, l’ordinamento e le cerimonie religiose della comunità iguvina, con l’elenco dei gruppi che partecipavano ai sacrifici (importante la confraternita dei fratelli Atiedii) e di quelli che ne erano esclusi, con lo scopo di propiziarsi le divinità campestri per la fecondità della terra. Verso la fine del IV secolo viene costruita la prima cerchia muraria di Spoleto.

Gli Etruschi, di provenienza incerta e presenti anche in Toscana e nel Lazio settentrionale, godono di diffuso benessere economico, garantito peraltro dal consolidato potere politico e dalle intense attività commerciali. A differenza dell’isolamento degli Umbri, gli Etruschi coltivano con l’esterno anche rapporti culturali, principalmente con la civiltà greca. Nel mentre la storia di Roma è ai suoi esordi, le città etrusche – costruite in genere su siti collinari sicuri e strategicamente vantaggiosi per i collegamenti con altre regioni – vantano un notevole sviluppo urbanistico e architettonico: in particolare ma non solo, a Perugia e a Orvieto è ancora visibile un ricco patrimonio di giacimenti culturali di varia natura, sia religiosa (gli ipogei e i templi, in varie città) che politica e militare (l’Arco Etrusco a Perugia).

In tutti questi secoli col nome “Umbria” viene indicata tutta quell’area dell’Italia centrale ad est del Tevere, che arriva fino alla costa adriatica, tra il Piceno a sud (a pochi chilometri dall’attuale Ancona) e l’Emilia a nord, coincidente sostanzialmente con quella che sarebbe stata la sesta regione della divisione augustea dell’Italia, nel 15 a.C.

I ROMANI

La presenza dei Romani nell’attuale territorio dell’Umbria si registra già sullo scorcio del IV secolo a. C. Per difendere la città di Sutri dall’attacco degli Etruschi l’esercito romano sconfigge quello avversario nei pressi di Perugia, che intanto aveva raggiunto il suo massimo sviluppo tra le dodici città della Confederazione etrusca. La tregua che ne segue dà l’opportunità ai Romani di prendere contatto con alcune città al di là del Tevere, con le quali finiscono poi per scontrarsi a Bevagna, uscendone vittoriosi. La momentanea sottomissione degli Umbri non impedisce loro, tuttavia, di continuare a godere di una sostanziale indipendenza, tanto che in occasione della terza guerra sannitica aderiscono, contro Roma, a un’alleanza con Etruschi, Sanniti e Galli, la quale, però, nel 295 subisce a Sentino la grave sconfitta anticipata poco sopra. Da questo momento tutte le città umbre, e poco dopo anche quelle etrusche, passano sotto il controllo diretto di Roma, che alla metà del III secolo a.C. esercita un dominio effettivo su tutto il territorio  a occidente e a oriente del Tevere, sia pure con modalità diverse, a seconda del comportamento che le stesse città avevano assunto in occasione della guerra: con minore severità verso Gubbio e Perugia, al contrario del trattamento riservato a Foligno e Spoleto, che nel 241 diventerà colonia romana. Roma si trova, in questo nuovo contesto geopolitico, ad affrontare il problema dei suoi collegamenti con la riviera adriatica e con la regione padana orientale, sia per incrementare i suoi commerci che per velocizzare gli eventuali trasferimenti dei suoi eserciti.  Nel 219 viene inaugurata la via Flaminia, che collega Roma a Fano e Rimini, attraversando, da sud a nord, tutta l’Umbria, da Orte a Gualdo Tadino, passando per Narni, Bevagna, nord di Foligno, Spello e Nocera.

Regioni dell’Italia augustea

Persa ormai la loro indipendenza, gli Umbri e gli Etruschi, che nel 90 avevano ricevuto lo status di “cives”, con gli stessi diritti civili e amministrativi dei Romani, sono coinvolti in quasi tutte le vicende militari di Roma. Come in occasione della seconda guerra punica, che segna la vittoria di Annibale sui Romani, nel 217 presso il lago Trasimeno, o durante la guerra civile (83-82) tra Mario e Silla. L’appoggio dato alle forze democratiche di Mario e la sua sconfitta a Chiusi e a Spoleto comportano gravi sanzioni economiche e militari. Alcuni decenni dopo Perugia, alleata con come le altre città etrusche ad Antonio, nel 40 è teatro di una battaglia vinta dall’avversario Ottaviano, che la espugna e la dà alle fiamme. Lo stesso Ottaviano inaugura nel 27 a. C. l’età imperiale, che si concluderà con la caduta “ufficiale” dell’Impero Romano d’Occidente nel 476 d. C.

E’ un tempo abbastanza lungo, durante il quale ad un primo periodo di relativa pace e di economia fiorente, sia nel settore agricolo che in quello commerciale, segue uno ancora molto più lungo di profonda crisi economica e sociale, caratterizzata da un graduale impoverimento degli agricoltori, in un reciproco rapporto di causa ed effetto, con l’abbandono delle campagne, con la crescente diffusione del latifondo e la progressiva e distruttiva invasione dei “barbari” (in effetti l’Impero romano era già cominciato  a non esistere prima del 476). Il paesaggio agricolo subisce, pertanto, una profonda e regressiva trasformazione, con ampie aree che si trasformano in paludi, e parte di quello urbano, per motivi di sicurezza e sanitari, si delocalizza nelle zone collinari. Dal punto di vista amministrativo è importante segnalare la riforma di Diocleziano del 297 d. C., con la quale viene istituita la Regio Tuscia et Umbria. Si continua, pertanto, a indicare col nome di “Umbria” (assorbito in un secondo momento in quello di Tuscia) il solo territorio ad est del Tevere, e ciò contribuisce ad accentuare il dualismo regionale. Ma il dato più significativo della riforma è il declassamento dei “cittadini” (i “cives”), che diventano sudditi, dei quali si può disporre liberamente, mentre i contadini sono vincolati alla gleba e gli artigiani riuniti in corporazioni per provvedere all’esercito. In questi secoli i Romani, e anche in questo risiede la loro grande importanza, fondano o fanno rinascere le città di maggior rilievo (col loro nome attuale): Perugia, Città di Castello, Assisi, Spoleto, Gubbio, Todi e la Regione acquista un ruolo strategico fondamentale sia per la sua posizione geografica centrale, sia perché attraversata, a est, dalla via Flaminia, che porta fino a Ravenna – dall’inizio del V secolo capitale dell’Impero. – e a ovest dalla via Amerina, che da Orte e Amelia porta a Todi, Perugia e Gubbio, ricongiungendosi poco più a nord alla stessa Flaminia.

 

IL MEDIOEVO

Con le invasioni barbariche, la successiva guerra gotico-bizantina e l’arrivo dei Longobardi si aggrava il processo della già debole identità regionale. Durante la suddetta guerra (535-553) i vari eserciti provocano gravi danni a tutta la Regione, che ha come teatro di battaglie sia Perugia che Spoleto e Gualdo Tadino, con la vittoria finale di Giustiniano. Il dominio bizantino dura poco, perché i Longobardi, popolazione proveniente in gran parte dalle attuali Austria e Ungheria, dopo aver stabilito a Pavia la loro capitale, conquistano tutta l’Umbria, nel 575 fondano il Ducato di Spoleto e successivamente quello di Benevento. Il territorio a oriente del Tevere è governato quasi per intero dai Longobardi, mentre rimangono sotto il controllo bizantino, oltre Perugia e il resto della Tuscia, anche alcune città lungo la Flaminia: Amelia, Narni e Terni.

Longobardi e Bizantini in Italia

Ben presto il Ducato di Spoleto si conquista una sostanziale indipendenza, anche se circondato in buona parte dai dominii bizantini, che lo costringono a espandersi oltre l’Appennino, fino all’Adriatico, e a sud verso l’Abruzzo e il Lazio settentrionale. Questa situazione tuttavia determina un certo suo isolamento, anche commerciale, aggravato dalla utilizzazione solo parziale della Flaminia, a causa delle suddette tre città-fortezza in mano ai bizantini. Il graduale affermarsi del Ducato come realtà geopolitica autonoma e abbastanza forte ostacola ulteriormente la formazione di una coscienza regionale-umbra unitaria e omogenea, nonostante già dagli inizi del VII secolo i Longobardi, da ariani, si fossero convertiti al cattolicesimo e contribuissero alla diffusione dei monasteri.

L’Italia bizantina e longobarda

Il rapporto con le popolazioni locali, di conseguenza, subisce un processo virtuoso, certamente favorito dall’Editto di Rotari del 643, passando dagli iniziali saccheggi all’assimilazione dei loro usi e costumi. Notevole è anche l’eredità monumentale e architettonica dei Longobardi, costituita, oltre che dai monasteri, da abbazie, castelli e torri di difesa. La loro dominazione in Italia termina ufficialmente nel 774, con la sconfitta del re Desiderio da parte di Carlo Magno. Questi incorpora i territori conquistati al regno dei Franchi, che già dalla metà del secolo hanno il dominio della Tuscia, per poi donarli al Papa. D’altronde questa operazione è resa possibile dalla contestata donazione della città di Sutri, che il re longobardo Liutprando aveva fatto alla Chiesa nel 728. Data importante perché segna l’anno di nascita del potere temporale della Chiesa. Tuttavia, al di là degli aspetti formali di questa articolata situazione politica, il Ducato di Spoleto mantiene una sostanziale autonomia e si rafforza politicamente, tanto da sopravvivere al tramonto dell’Impero carolingio in una posizione di prestigio e avere, nell’891, il proprio duca Guido incoronato re d’Italia.

Il Ducato di Spoleto

Al termine di questi secoli – nel mentre il sistema feudale determina una graduale e crescente moltiplicazione dei poteri locali, in continua contrapposizione tra di loro – avviene intorno al mille la rinascita delle città. Questo fenomeno si diffonde in buona parte dell’Europa, ma soprattutto in Italia, e riguarda anche il Ducato di Spoleto e la parte occidentale dell’Umbria. L’organizzazione politico-amministrativa che si afferma è quella dei Comuni, tra i quali, oltre Perugia, si distinguono Spoleto, Foligno, Terni, Assisi, Gubbio, Città di Castello, Todi e Orvieto. In Umbria, come altrove, il periodo comunale è segnato dai continui conflitti tra le città per il controllo del territorio e tra la emergente borghesia urbana e i signori feudatari delle campagne. Nei primi secoli del secondo millennio anche la storia dell’Umbria, come quella di altre Regioni italiane, è la semplice sommatoria delle storie di ogni singolo potere locale, in continua contesa con l’Impero e/o con il Papa, allo scopo di riaffermare la propria autonomia. Nel frattempo, è presente in Umbria una significativa testimonianza del movimento ereticale pauperistico dei pàtari, che sicuramente non lascia indifferente S. Francesco (morto nel 1226) nel suo ideale di povertà e di una Chiesa profondamente rinnovata. Agli inizi del XII secolo Papa Pasquale II manifesta forte contrarietà per il rifiuto che le città umbre oppongono alla sua sovranità, mentre Spoleto nel 1155 viene sconfitta e distrutta da Federico Barbarossa. Da questo momento iniziano la decadenza e la perdita della sua centralità politica e la situazione peggiora nei decenni successivi con Innocenzo III, che, intenzionato a riaffermare il suo potere su tutte le città del Ducato, sostituisce il duca con un rettore di sua fiducia. Nel 1231, infine, il Ducato cessa ufficialmente di esistere: l’imperatore Federico II riconosce al Papa Gregorio IX il suo legittimo possesso. Nella parte occidentale, intanto, si afferma sempre più il potere e l’egemonia di Perugia, non solo sui Comuni vicini, ma anche su altre zone dell’Umbria, tanto da capeggiare una lega inizialmente con Todi, Gubbio, Spoleto e Foligno (ma poi abbandonata dalle ultime due), che però viene sconfitta nel 1237 a Spello dallo stesso Federico II. Con la sua morte, nel 1250, nello spazio di pochi anni si dissolve la dinastia sveva e si instaura nell’intera Regione il dominio della Chiesa, che durerà, con fasi alterne, fino all’Unità d’Italia.

I secoli XIII e XIV sono particolarmente importanti per la storia dell’Umbria, sia da un punto di vista politico e socioeconomico che religioso e artistico. La struttura amministrativa dei Comuni coincide sostanzialmente con quella delle altre parti dell’Italia centrale e settentrionale. Ne è testimonianza la denominazione evolutiva dell’architettura civile e monumentale delle città: i Palazzi (Comunale; dei Priori; dei Consoli; del Podestà; Pretorio; del Capitano del Popolo; poi a Gubbio anche il Palazzo Ducale, ma siamo già al tempo delle Signorie e del Rinascimento); le Piazze con le loro fontane; le Cerchie murarie; le Rocche; le Torri; i Castelli. Anche l’architettura e l’arte religiose sono espressione, per quantità e qualità, di una nuova spiritualità, che trovava in San Francesco il suo principale, ma non unico, motivo ispiratore.

L’interno della Basilica di San Francesco di Assisi

Da questo punto di vista l’Umbria diventa uno dei baricentri europei della religiosità. Si moltiplicano quasi a dismisura le Chiese (talora Duomi o Cattedrali, d’impostazione romanico-gotica), contenenti opere d’arte, pittoriche e scultoree di valore sublime, cresce il numero delle Diocesi e dei Palazzi vescovili. Molte città diventano apprezzati centri culturali e all’Università di Perugia, fondata nel 1266 ed eretta da Clemente VII in “Studium generale” nel 1307, giungono studenti da ogni parte d’Europa.

L’incremento demografico che si registra a partire dal Mille, ma che s’intensifica in questi due secoli, determina una crescita della popolazione urbana e molte città, di conseguenza, ridefiniscono le loro planimetrie – in alcuni casi “a tentacoli” o “a terrazzamenti”, in altri a “schema anulare” o “triangolare” – e spesso si costruiscono nuove, più esterne, cinte murarie, mentre altri nuclei abitativi si spostano o sorgono su siti collinari. S’intensifica la rete dei collegamenti stradali, segno di un rapporto tra le città che, pur rimanendo conflittuale (lo dimostra la costruzione delle mura), esprime il bisogno di sempre più intensi scambi commerciali. La rinascita delle città provoca inevitabilmente anche una espansione dell’economia agricola, alla ricerca di nuove aree da mettere a coltura sia in pianura che in collina, di altre da bonificare o da disboscare. Le zone agricole si arricchiscono di nuovi toponimi, ma tutta la toponomastica si aggiorna e si adegua alla nuova situazione del paesaggio rurale.

disegno Rocca Paolina

A partire dalla seconda metà del ‘300 la prospettiva economica e sociale della Regione subisce una profonda involuzione, con la comparsa, tra l’altro, di quarantanni di pestilenza e l’inizio di dodici terremoti di notevole gravità, che si sarebbero ripetuti fino all’inizio del ‘600, con pesanti danni all’intero patrimonio edilizio regionale. Non meno distruttive sono in questo stesso scorcio di secolo, ed anche oltre, le guerre – è il caso si dire, “omnium contra omnes” – di tutti contro tutti, per il predominio del territorio: tra le città e tra queste e la nobiltà feudale delle campagne; tra nobili ed emergenti avventurieri militari; soprattutto tra la Chiesa e i Comuni o le nascenti Signorie. Comuni e Signorie, che, gelosi della propria autonomia, continuano a opporre resistenza al rinnovato disegno di predominio dei Papi. In effetti, nei primi decenni del periodo (1309 -1370) in cui i Papi si spostano ad Avignone, in Francia, il potere pontificio s’indebolisce ulteriormente, ma ancora in condizione di ostacolare la nascita di una Signoria regionale e potente, come succede invece in altre parti d’Italia. Questo contrasto, caratterizzato da guerre sanguinose, segna il punto di massima intensità quando, nel 1354, è inviato in Umbria il cardinale Albornoz, che in breve tempo sottomette Narni, Spoleto, Terni, Orvieto, Assisi, Todi e Spello. Solo la (quasi sempre) guelfa Perugia, che intanto aveva esteso il suo potere su un’ampia parte del territorio regionale, resiste. Ma, indebolita da una sommossa popolare scoppiata nel 1371 tra artigiani e mercanti tessili, viene conquistata dal legato papale Gerard du Puy, sostenuto dal popolo grasso e dalla nobiltà fuoriuscita. La città, tuttavia, non si rassegna e pochi anni dopo, durante una sommossa popolare contro il potere dei Papi, distrugge un’enorme fortezza che il legato pontificio aveva fatto costruire, su progetto del Gattopani, sulla sommità del colle del Sole. Dopo altre brevi e confuse vicende, negli ultimi anni del secolo Perugia passa sotto il dominio di Gian Galeazzo Visconti e anche Gubbio, che nel 1376 si era ribellata ai legati pontifici, si consegna ai Montefeltro, duchi di Urbino (come testimonia il Palazzo ducale). In ogni caso, il potere della Chiesa, talora sia pure formalmente, continua ad essere riconosciuto e, sia pure a fase alterne, esercitato.

 

 

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